AI IN AZIONE – L’impatto dell’intelligenza artificiale sulla formazione: intervista a Federico Frattini

Unendo i concetti di intelligenza artificiale e formazione emergono due domande principali: cosa bisogna fare per sviluppare le competenze adeguate che servono per utilizzare l’intelligenza artificiale? E cosa può fare l’AI per aiutare lo stesso processo formativo? Lo abbiamo chiesto a Federico Frattini, che da gennaio 2020 è Dean del MIP, la Business School del politecnico di Milano, in un podcast parte del progetto AI in azione, un ciclo di approfondimenti che Microsoft, in collaborazione con Fortune, Italia dedica all’intelligenza artificiale.

Frattini parte subito dalla pratica, ovvero da Flexa, piattaforma del Mip nata da una collaborazione con Microsoft Italia. “È una piattaforma digitale di life long learning e aggiornamento delle competenze manageriali che fa uso dell’intelligenza artificiale e che permette agli utenti di sottoporsi a un assessment delle competenze manageriali e delle loro digital skill in funzione del percorso che vogliono intraprendere. Permette di evidenziare i principali skill gap di ognuno e suggerisce percorsi di formazione personalizzati, tarati in base al tempo che ognuno ha a disposizione, e raccomandando contenuti digitali di formazione che adesso ammontano a 800mila, provenienti da diverse fonti, da Harvard Business school publishing al Financial Times, o lo stesso Mip. Da poco più di un mese abbiamo reso accessibili le funzionalità base a chiunque voglia sperimentare questo modello”.

Il valore aggiunto dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per Frattini “è collegato alle principali fasi del processo di formazione, dove l’AI solo se combinata con l’intelligenza umana dei docenti consente di raggiungere un’efficienza che sarebbe impossibile con un approccio tradizionale”. Dove è più utile l’AI? Un esempio è il processo di identificazione delle skill necessarie per determinati ruoli e la successiva costruzione di percorsi formativi ben collegati alle esigenze del mondo del lavoro, dice Frattini.

“Penso che se università e business school troveranno un modo di sfruttare le potenzialità di queste tecnologie, ci saranno due possibile direzioni”, dice il dean del Mip. Innanzitutto possono “sviluppare una vera ed efficace offerta di lifelong learning. La formazione sta cambiando, quello che si impara in un corso di laurea o in un master ha un ciclo di vita che sta diventando sempre più breve. Tutte le università e le business school si stanno chiedendo come sia possibile offrire in maniera scalabile e a prezzi accessibili occasioni di aggiornare le competenze degli studenti continuativamente nel tempo, e on-the-job. Solo attraverso uno strumento come l’intelligenza artificiale e applicando determinati principi le università e le business school potranno elaborare offerte formative con queste caratteristiche”.

Secondo punto, dice Frattini: università e business school sono “ancorate a un approccio formativo che tratta gli studenti in modo troppo simile tra loro. Con queste tecnologie penso si potrà arrivare a trattare ogni studente come un unicum, con il suo background, le sue caratteristiche attitudinali e ambizioni lavorative. E quindi anche se un certo gruppo di studenti frequenterà lo stesso percorso accademico, ognuno avrà tante occasioni di personalizzare il proprio percorso in modo da raggiungere le proprie ambizioni”.

 

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